Articoli di Giovanni Papini

1955


in "Schegge":
La colpa universale
Pubblicato in: Il nuovo Corriere della Sera, anno LXXX, fasc. 222, p. 3
Data: 18 settembre 1955


pag. 3




   Non vi sarà pace fra gli uomini — o per lo meno tregua di sopportazione — finchè non saremo tutti convinti e confessi che siamo tutti quanti colpevoli. Colpevoli in varia maniera e in diversa misura ma tutti, senza eccezione, imputabili e responsabili, ciascuno per la nostra parte, di tutto il male che si commette e si soffre nel mondo.
   Tra le persone, le classi, le Nazioni, le razze non è giusto nè lecito distinguere tra un raduno innocente di ermellini e una torma feroce di sciacalli. Sotto la candida pelliccia dell'ermellino v'è, quasi sempre, un bolleggiume di mali pensieri e di neri propositi mentre nell'urlo degli sciacalli v'è, talvolta, il gemito della vittima o il singulto del rimorso. Le dicotomie del genere umano in tante oasi bianche fronteggiate da macchie nere sono riprove di una delle più pericolose forme dell'imbecillità della nostra mente.
   L'Occidente ha la sua parte di responsabilità nelle rivoluzioni, nelle stragi e nelle miserie dell'Oriente: l'Oriente, a sua volta, ha la sua porzione di colpa nei conflitti, nei risentimenti, nelle ingiustizie dell'Occidente. Se i comunisti rifiutano il cristianesimo non è soltanto colpa della loro ingenua e grossolana filosofia o della loro semplicista e settaria visione della storia ma è colpa, soprattutto, della inadempienza, della disubbidienza, della cecità e infedeltà di quasi tutti i cristiani.
   I padri hanno la loro parte di colpa nelle malefatte dei figli; i mariti sono responsabili, almeno per metà, degli scatti, dei rancori, degli inasprimenti e dei tradimenti delle mogli: le mogli sono, quasi sempre, fra le cause del disamore, delle furie e delle manie persecutorie dei mariti; i padroni debbono rimproverare a loro medesimi molti dei mancamenti, cattivi sentimenti e portamenti dei propri subalterni: i popoli, con la loro facinorosa incontentabilità e con la loro guercia presunzione, sforzano i Governi a governarli male.
   Lo stesso giudice che sta giudicando un delinquente non riflette che, in quanto lui stesso è membro di una società fatta in un certo modo, ha la sua dose, più o meno percepibile, di responsabilità nel delitto che sta per condannare. E i sacerdoti che gemono o declamano sulla diserzione e sulla corruzione dei fedeli dovrebbero tenere sempre davanti agli occhi l'aforisma riportato da Léon Bloy: «Il prete santo fa il popolo buono: il prete buono fa il popolo mediocre, il prete mediocre fa il popolo diabolico».
   Noi non potremo cominciare ad essere innocenti prima del giorno nel quale confesseremo, a voce alta e in perfetta lealtà, che non siamo solamente tutti assassini, come dice il famoso film di Cayatte, ma siamo anche, tutti quanti, in atti o intenzioni, apertamente o celatamente, ladri, traditori, sensuali, violenti, ingiusti, ingordi, invidiosi, superbi e soprattutto mentitori e ingannatori persino con noi stessi.


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